COP26 - La grande sfida delle reti

Comincia dal primo E-Dossier il viaggio di E-Distribuzione tra gli scenari della transizione energetica

immagine che rappresenta cop26

Come sarà la rete del futuro? E come risponderà alle esigenze e agli obiettivi posti dall’urgenza climatica? Rispondiamo a queste domande nel primo E-Dossier: il climate change, Net Zero e una nuova idea di rete che è anche una visione industriale per la transizione energetica in atto.

COP26: gli obiettivi

Quest’anno si è tenuto il 26esimo vertice annuale sul clima, presieduto dal Regno Unito. L’evento rientra tra i summit globali, chiamati COP, “Conferenza delle Parti”, convocati dalle Nazioni Unite da quasi tre decenni per discutere sulle conseguenze del cambiamento climatico, diventato una priorità nell’agenda degli Stati partecipanti. Quest’anno a ciascuno dei 190 Paesi che hanno preso parte all’evento è stato chiesto di presentare obiettivi ambiziosi per ridurre le emissioni entro il 2030:

  • Azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. Per raggiungere tale traguardo ogni Paese dovrà accelerare il processo di abbandono dei combustibili fossili (soprattutto del carbone), ridurre la deforestazione, accelerare la transizione verso la propulsione elettrica, e incoraggiare gli investimenti nelle energie rinnovabili;
  • Adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali. La cooperazione è fondamentale per incoraggiare i Paesi colpiti dai cambiamenti climatici. e metterli in condizione di proteggere i loro ecosistemi, costruire difese e sistemi di allerta insieme a infrastrutture agricole più resilienti per contrastare la perdita di abitazioni, mezzi di sussistenza e perfino vite umane;
  • Mobilitare i finanziamenti: è importante, per raggiungere i primi due obiettivi, che i Paesi sviluppati mantengano la loro promessa di mettere a disposizione almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima. 
  • Collaborare per accelerare le attività volte ad affrontare la crisi climatica, rafforzando la cooperazione tra governi, imprese e società civile.
 

infografica progetto cop26

Gli accordi di Parigi

COP21, che si è tenuto a Parigi nel 2015, ha rappresentato una svolta epocale. Tutti i Paesi hanno accettato di collaborare per diminuire l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi, puntando a limitarlo a 1,5 gradi. Tanto per avere un ordine di grandezza, l’ultimo decennio è stato il più caldo mai registrato, e il 2020 in Europa è stato l'anno più caldo di sempre.

Qualora non si dovesse porre rimedio, le conseguenze sarebbero devastanti. Qualche esempio: il 40% dell'acqua dolce, entro il 2030, sarà consumato; la produzione agricola diminuirà del 50% entro il 2050; 700 milioni di persone saranno costrette a migrare entro il 2030 a causa dell'aumento della desertificazione.

In questo, i governi hanno anche convenuto di mettere in campo i fondi necessari per raggiungere gli obiettivi prefissati e scongiurare conseguenze catastrofiche.

Da questo stato di cose sono nati gli Accordi di Parigi, con i quali ciascun Paese si è impegnato a creare un piano nazionale indicando la misura della riduzione delle proprie emissioni, il cosiddetto Nationally Determined Contribution (NDC) o “contributo determinato a livello nazionale”. 

I governi hanno concordato che ogni cinque anni avrebbero presentato un piano aggiornato che rifletteva il loro traguardo in quel momento. Gli obiettivi posti da tali Accordi, firmati anche dall'UE e dai suoi Paesi membri, fra cui l’Italia, sono: mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine, puntare a limitare l'aumento a 1,5°C, fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile, e ottenere rapide riduzioni successive secondo le migliori conoscenze scientifiche disponibili, in modo da raggiungere un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda metà del secolo.

I risultati

Cop26, che si è svolto dal 31 ottobre al 12 novembre a Glasgow, ha ottenuto una serie di risultati che potete leggere nella news dedicata.

L'importanza della rete

Senza rete non c’è Net Zero (le zero emissioni nette di carbonio): mantenere l'aumento della temperatura globale al di sotto del traguardo fissato significa puntare sulle reti e su un loro nuovo disegno per accogliere la generazione distribuita, e quindi per aumentare la percentuale di penetrazione delle rinnovabili, abbracciando, al contempo, la carbon neutrality.

La sfida è di quelle ambiziose e tutt’altro che semplice da condurre al successo. Si pensi, per esempio, che per raggiungere l’obiettivo Net Zero, da qui al 2050, l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili dovrà raggiungere una massa critica otto volte superiore a quella attuale.

Non c’è futuro senza le connessioni e le opportunità che la rete abilita, tra gli operatori del sistema stesso: la rete è attivatrice di innovazione e del “rinnovamento energetico” richiesto dal climate change. Nel momento in cui diventa smart, aumenta la sua capacità di accogliere la produzione green e di favorire i consumi energetici meno orientati alla CO2.

La fonte dell’energia, inevitabilmente, cambierà, si elettrificheranno i consumi, ma la rete sarà sempre quel collegamento che risponde all’esigenza di “unire” e connettere gli attori della filiera. In maniera diversa. Circolare, distribuita, partecipata

La rete del futuro

immagine di una città con una rete cibernetica che la ricopre

La transizione energetica che stiamo vivendo fa emergere un nuovo trend, la deep electrification, che porta con sé, andando nella direzione di sostituire i combustibili fossili con fonti pulite di energia, benefici che non includono solo la lotta all’effetto serra, ma anche la sicurezza della fornitura, la circolarità delle risorse e l’aumento dell’efficienza energetica.

Questa tendenza, che implicherà un aumento della domanda di energia elettrica, metterà a dura prova le reti, chiamate ad essere sempre più resilienti e performanti.

Resilienza è sicuramente la parola d’ordine per rispondere in maniera efficace e rapida al cambiamento climatico, che ha, tra i suoi effetti, una maggiore intensità e frequenza di fenomeni meteo estremi, assicurando affidabilità e qualità del servizio.

Servono quindi infrastrutture sempre più competitive, flessibili, digitalizzate.

E anche inclusive. Per essere proiettate nel futuro, devono abbracciare ed accogliere il cliente, che deve diventare parte attiva di questa evoluzione e rivoluzione verso un mondo carbon-neutral.

Un cambiamento che deve quindi coinvolgere le comunità e la società, e non rimanere in un ambito solo tecnologico, facendo diventare protagonisti anche i più giovani in un processo partecipato. 

foto di Vincenzo Ranieri

Ci deve essere un cambiamento di cultura e di mentalità

Vincenzo Ranieri

Il ruolo del DSO

Una rete del futuro implica anche un’evoluzione del ruolo del DSO, ossia del Distribution System Operator che quella rete gestisce, essendo in carico della distribuzione di energia elettrica attraverso la sua infrastruttura.

I DSO hanno un ruolo fondamentale nella trasformazione del sistema elettrico

Vincenzo Ranieri

Da operatore, il DSO diventerà orchestratore di una rete e di più operatori del sistema. Un ruolo dunque centrale, quindi, che favorirà una gestione sempre più attiva e decentralizzata della rete elettrica, grazie alla collaborazione tra gli attori coinvolti, e consentirà nuovi spazi e modalità più innovative per svolgere la sua funzione neutrale, facilitato a sua volta dalla digitalizzazione e dagli investimenti che andranno fatti per porre al centro l’infrastruttura. 

Grid Futurability®

La risposta a queste esigenze, in un contesto di transizione energetica e di urgenze dettate dagli obiettivi sul clima, è un nuovo approccio industriale.

Si chiama Grid Futurability® ed è già tra di noi.

Grid Futurability® non è un concetto astratto, ma un’idea industriale per andare nella giusta direzione

Vincenzo Ranieri

 

Cos’è?

Un nuovo concetto che consiste già nell’inserire nei piani di oggi le esigenze dei consumatori di domani per affrontare la sfida dell’aumento della domanda energetica. 

Come si realizza?

In un momento in cui l’elettrificazione diventa sempre più profonda, la direttrice è quella di costruire una rete partecipativa, resiliente e sostenibile. Una rete dunque che facilita la partecipazione dei clienti - coinvolgendoli in maniera attiva nel mercato dell’energia - che sia resistente ed in grado di assicurare il servizio - anche in condizioni estreme - e che rappresenti un approccio alla sostenibilità a 360 gradi, in tutta la catena del valore. 

Dove si sta realizzando?

La Grid Futurability® ha la sua prima applicazione in Italia a Matera, con il progetto che sta mettendo in atto una serie di innovazioni che partono dal “gemello virtuale” della rete per riprodurre digitalmente, con modelli in 3D, gli asset principali dell’infrastruttura, rendendoli accessibili da remoto. Per una struttura sempre più digitale a servizio della smart city del futuro. 

Tale iniziativa coinvolgerà anche altri territori in Italia per fare della rete del nostro Paese una smart grid altamente flessibile ed efficiente. 

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